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|lo sguardo di un'aspirante antropologa sul mondo|

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Latest Posts by appuntidicampo - Page 5

4 years ago

15 giugno

coraggio & lumini

Oggi ho fatto il vaccino anti-Covid ed è stato un momento «interessante» per i miei  svalvo(la)-menti.

Le parti più curiose sono state 1) la compilazione dell’anamnesi e 2) l'incontro con il dottore.

Questo perché ho ripensato:

1) al corso di Metodologia della ricerca etnografica, la prima regola che mi è stata insegnata è: “quando si fanno le domande non siate tendenziosi ed evitate TASSATIVAMENTE le domande si/no” => L’anamnesi in questione è tipo un foglio excel, nel quale devi rispondere a domande ”si/no”;

2) alle lezioni di antropologia medica; quando il prof. insisteva sulla natura asimmetrica del rapporto medico-paziente. Infatti, l'incontro con il mio medico è stato esilarante. Mentre lo inondavo di domande segnate sul mio post-it, notavo come lo legittimassi a depositario di alcune conoscenze...

Non voglio star qui a polemizzare, né a rimpiangere che questa scheda anamnestica non sia stata supervisionata da un team di antropologi… Ma riflettevo sul ruolo del paziente in questa campagna vaccinale.

La mia identità, il mio punto di vista è stato essenzialmente nullo. Mi chiedo dove lo Stato ha creato opportunità per illuminare e dirigere la mia coscienza al di là del raggiungimento dell’immunità di gregge.

Non so come la vedi tu che leggi, sarei curiosa di capirlo... per quanto mi riguarda non sono proprio riuscita ad andare al di là del “lo sto facendo per riavere la mia libertà e la mia quotidianità”. Se ci penso sono una personcina schifosamente individualista. Lo Stato, che ha pensato questa campagna vaccinale, perché non è riuscito a fornirmi i “giusti mezzi” per farmi vivere questo momento al di là degli obblighi, delle insicurezze, degli "egoismi"? Per aiutarmi a stimolare uno spirito di comunità e un senso di appartenenza?

4 years ago

11 giugno

riflessioni & memorandum

Bazzicando tra i blog, presenti su tumblr, sto realizzando che questo social ha del potenziale, per comprendere l’epoca contemporanea.

Le retoriche generali descrivono la nostra società composta da individui immersi in un flusso di superficialità e vacuità, che “stanno sempre a presso a quei social”. Secondo me, però, ci sono spazi in cui si costruiscono e si definiscono nuovi modi di fare umanità, come qui su tumblr. É un “luogo” prolifico per sperimentare ed entrare in contatto con una nuova umanità, diversa da come la descrivono i media.

Entrando in contatto con i contenuti condivisi e postati dalle persone, come ad esempio i pensieri, le suggestioni, i progetti, i ricordi, gli stralci di vita: si delinea una rappresentazione umana che sfida la logica comune. Se instagram è una vetrina di immagini, tumblr è quella delle “istantanee interiori”. Si accede ad un nuovo modo di rappresentare l’esistenza umana.

Tutto ciò mi fa riflettere e trovo delle affinità con la pratica antropologica.

Mi spiego meglio.

Quando l'antropologo intervista, entra in contatto con una realtà intima e personale. Inizia a chiedere al “partner intellettuale” una miriade di cose: come mai questo, come mai quell’altro. Insomma è un rompiscatole. Questo non per perversioni o sinistre attitudini, ma per la seguente motivazione: nel dialogo e nell’incontro con l’altro si comprende e si sviscera una tematica a partire dal punto di vista degli attori sociali; quello dell’esperienza. Di conseguenza, nel caso tumblr, nell’approcciarmi ai blog di queste persone; attraverso l'interrogazione dei loro contenuti si scardina quell’assunto con cui ho aperto questo post: la frivolezza della nostra epoca.

Arrivo così alla seguente conclusione: questa epoca non è superficiale, semplicemente è troppo frenetica e non trova i tempi e le pazienze per gli ascolti in profondità…

ps: se stai leggendo e hai un blog su tumblr, giuro che non ti ho usato per i miei svalvo(la)-menti antropologici.

4 years ago

Illuminato dalle parole del tuo blog ti propongo una riflessione:

Qual è la natura e quali sono le origini dello Scetticismo?

Mh, interessante e ti ringrazio per questa domanda.

Secondo me la spiegazione è da ricercare a due livelli: uno culturale e uno esperienziale. Mi spiego meglio. Da un lato lo scetticismo potrebbe essere una condizione "creata" dal tuo contesto culturale, ovvero: si tratta di un costrutto culturale e sociale. Dall'altro lato invece potrebbe essere un atteggiamento che si ricava attraverso le esperienze della vita quotidiana.

Non so se trovi coerenza nella mia risposta. Forse potrei essere andata totalmente fuori tema, ma ho seguito l'istinto dato che era una domanda abbastanza generale ahah.

4 years ago

10 giugno

ostinazioni & banalità

Perché è così difficile bloccare e far tacere il sordido meccanismo che si aziona nel momento in cui tutto sembrerebbe orientato a dedurre la “realtà”... ma che però nella realtà si verifica che il tutto è frutto di una proiezione mentale.

Davvero, a volte, ma solo in specifici casi, vorrei avere un super-power... per silenziare il complesso “giudicante” che affiora quando mi rapporto a circostanze che farebbero supporre cose su cose di altre cose.


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4 years ago

Bisogna cercare di inventare nuove tecniche – che siano irriconoscibili – che non assomiglino a nessuna operazione precedente. Per evitare così la pueri­lità e il ridicolo. Costruirsi un mondo proprio, con cui non siano possibili confronti. Per cui non esista­no precedenti misure di giudizio. Le misure devono essere nuove, come la tecnica.

Teorema, 1968, Pier Paolo Pasolini.


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4 years ago

4 giugno, ancora.

Non lo so, stasera mi sento abbastanza polemica. Al contempo sto cercando di “accendere” l’antropologa che c’è in me, per addolcire la riflessione con cui sto per stendervi.

Di cosa parliamo questa sera? Di sentimenti amorosi (ahi, come sono banale). Che cosa vi aspettate da una tipa cresciuta con la Disney? xoxo.

Procedo.

Mi sto chiedendo, da circa un’ora, perché nel nostro contesto culturale si cresce con l’idea che dobbiamo sperimentare e nutrire sentimenti d’amore tra noi umani? Più specificatamente, come mai si rintraccia l’esigenza di disciplinare le emozioni che scaturiscono dall’incontro con l’altro, per poi costruirci su qualcosa? Nello specifico:

incontro una persona a me sconosciuta;

per una serie di circostanze cattura la mia attenzione;

la frequento;

se le sue esigenze e i suoi bisogni sono in sintonia = siamo due rette perpendicolari e ci intersechiamo in un solo punto;

se, invece, le istanze sono diverse = siamo due rette parallele, cioè  tali da non intersecarci in alcun punto.

Bene, abbozzato questo ragionamento in maniera così brutale che manco uno scienziato sociale positivista, continuo la mia analisi. Questo è quello che ci offre la nostra società: legami tra umani e tra sconosciuti che se si ritrovano copulano, se invece, non sono corrisposti soffrono e si martoriano manco fossero un martire cristiano del I secolo dopo Cristo.

Come mai, nella nostra società, esiste questo “ciclo”? Nel senso perché ci crescono con l’idea di amarci o di star male? 

Per comprendere queste questioni, ritengo che sia importante adottare un approccio antropologico per far emergere ciò che molto spesso viene occultato quando si parla di amore.

Ci spingono a credere che l’amore sia qualcosa di spontaneo, ma c’è sempre un processo silenzioso di apprendimento culturale. Ad ogni livello e settore veniamo educati sin dalla nascita. Infatti, se qualcuno non si prendesse cura di noi, moriremo. Non credo che un bambino riuscirebbe a sostentarsi da solo. Di conseguenza l’amore, e tutto ciò che vi orbita intorno, esiste perché c’è un discorso culturale. È stato “qualcuno” che ci ha insegnato a vederlo in una determinata maniera, a essere colpiti da un’estetica; a vederla seguendo “gli opposti si attraggono”; a se “avete passioni in comune è prolifico”. Abbracciamo prospettive e assumiamo atteggiamenti senza saperlo. La cultura, il contesto familiare, le esperienze pregresse in coppia formano l’identità degli amanti.

Io vedo poco spazio nel quale possiamo muoverci liberamente. Gli ideali e l’ambiente ci plasmano. Forse una speranza e una prospettiva di studio diversa la riserbo a quelli incontri che si consumano a occhi chiusi dato che l’occhio scruta indaga registra interpreta... lascerei il resto ai sensi restanti. Chissà cosa succederebbe se ci innamorassimo ad occhi chiusi? Coglieremo forse finalmente l’essenza?

Questo quadro teorico finora proposto è incompleto, perché dovrei supportarlo da un’indagine qualitativa. Dovrei intervistare personalmente chi sperimenta queste dinamiche, per arricchire e sostenere i punti trattati…

Comunque, più studio antropologia e più sclero. Ah, e sto arrivando ad una considerazione: l’unica cosa spontanea del mio contesto culturale è la continua e onnipresente disciplinazione del reale.


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4 years ago

4.06.2021

Relazionandomi con l’altro e di conseguenza, relazionandomi anche con me stessa, sto arrivando ad una considerazione. È importante da riconoscere, sempre, a se stessi e agli altri «cosa si vuole». Perché il resto è un inutile e malsano tentativo di farneticazione ego-orientata.


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4 years ago

rule number 2

Rule Number 2

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4 years ago

beninteso

La mia tesi non sarà mai un prodotto ad uso e consumo del capitalismo delle università-azienda. Più che porre l’accento sul raggiungimento delle pagine stabilite, dovrebbero inculcare ai tesisti: sviscera fino a quanto riterrai opportuno.


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4 years ago

perenne-mente stazionaria

Detesto, disprezzo: mi viene la nausea. Provo, sempre, un forte estraniamento e disgusto verso il mio contesto culturale e sociale. Mi disgustano gli stimoli, le rappresentazioni culturali, gli immaginari, il modo in cui plasmano la realtà immaginaria e reale. Vivo con l’illusione di perseguire una via di fuga inedita, ma in realtà è sempre la stessa: tutto cambia per non cambiare niente. Il mio non è né uno sfogo da adolescente nevrotica (né its Madame Bovary), né perché sono su tamblah e va di moda la flagellazione della mia esistenza. E’, invece, la constatazione bruta, che questo mio mondo culturale mi tiene constante-mente impigliata, in una costruzione personale e identitaria che detesto. Forse l’unica pace reale sta nel niente niente niente.


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4 years ago

ripeti con me

Inspira

Qualcosa che non è mai esistito non può farti del male.

Espira

Qualcosa che non è mai esistito  non può farti del male.

Di nuovo.


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4 years ago

Tu sai.

Nessuna “cosa” è data per natura. Questa si presenta “così” poiché tutta la realtà che la circonda è artificio e intenzione. Tutto, infatti, è soggetto a un’operazione di disciplinamento e forgiamento. Assodato questo, esplora quella cosa  concentradoti non sul “perché è data”, ma  “come è data”.

4 years ago

20.05.2021

Come mai si rintracciano poche cantautrici italiane?

Il mondo dei sentimenti e delle emozioni è raccontato in maniera frequente dagli uomini, penso a De Andé, Guccini, Battiato, etc. La mia domanda non è mossa da rivendicazioni femministe - per amor del cielo - la sfera affettiva è una questione esistenziale e universale. Nell’ascolto dei brani scritti da questi, rintraccio che:

1) riescono a cogliere ed intepretare, magistralmente, la condizione umana;

2) ma la narrazione si snoda secondo una prospettiva maschile.

Ascoltare De André che parla di amore è un’esperienza che non pensavo potesse essere, emotivamente, destabilizzante. Il modo in cui ha impostato la melodia, fa sì che ci sia immedesimazione tra testo e suono. C’è, però, qualcosa che manca e che non mi permette di empatizzare a pieno... e che si riconduce alla domanda di apertura...

Non cerco, ovviamente, l’emotività femminile nei brani di De Andrè. Ascoltarlo mi ha fatto realizzare che, a livello generale, mancano donne cantaurici così d’impatto..........

O forse: sono io che sono stata “inculcata” a considerare soltanto questi come interpreti anziché volgere lo sguardo altrove?


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4 years ago

18.05.2021

Tieni a mente: nei rapporti umani non creare collega-menti di circostanza.


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4 years ago

17.05.2021

La volgarità non risiede soltanto nell’eccesso o nell’esplicito, ma vive anche nelle forme e nei dettagli.

4 years ago

slancia-menti

Immagina e avvicinati a quella realtà che ancora nessuno, per pigrizia o mancanza di aspirazione, ha realizzato. Sarà difficile, sicuramente. Come disse, però, Pasolini: Non lasciarti tentare dai campioni dell’infelicità, dalla mutria cretina, dalla serietà ignorante. Sii allegro. 

4 years ago

15.05.2021

Intellettuale engagé: «in Italia il termine è stato usato soprattutto con riferimento a letterati e artisti, o alla letteratura e all’arte, che partecipano attivamente, ideologicamente schierati, alla discussione dei problemi sociali e politici (Treccani)».


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4 years ago

6.05.2021

switch to practise

4 years ago

5.05.2021

Mh, stamani dubbi arcaici: peculiarità innate o processi autoindotti?

4 years ago

1.05.2021

Free your mind dal riduzionismo (culturale, scientifico, e... emotivo)

4 years ago

30.04.2021

Ricorda che: la falla del sistema risiede nell’occhio, nella maniera in cui osserva e, poi, ricostruisce la realtà.

4 years ago

How to break the [culture]

Stamattina mi scoccia “vagare” tra le fonti bibliografiche per un argomento che devo approfondire... Allorché entro su tumblr e vengo intasata da immagini, che mi hanno fatta sentire come Alex, ne Arancia meccanica, quando era legato e con delle pinze che lo costringevano a tenere gli occhi aperti mentre gli scorrevano sotto gli occhi alcune scene. Questo provocava in lui dolore e disgusto.

Nel mio caso, sinceramente, non importa descriverle nel dettaglio, è invece d’obbligo andare alla sostanza. Quelle immagini, i temi rappresentati mi hanno indotta a pensare: perché non si possono demolire quelle rappresentazioni culturali? C’è un continuo “parcheggiarsi” negli stessi immaginari...

Ripenso alla lezione della mia prof. di francese su Apollinaire. Ho vividamente impresso il momento in cui indicava che i futuristi si impegnavano a propugnare:

“un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale” (ne Treccani, futurismo)

Sostenevano questo in quanto la società moderna, che si stava creando sotto i loro occhi, gli permetteva di immaginare un nuovo mondo...

Dove sta a questo punto lo stimolo per una re-immaginazione?

4 years ago

15.02.2021

Come si entra real-mente in relazione con l’altro, dal momento che le singole individualità possono rivelarsi “ingombranti” ai fini relazionali?

Perchè non ci sono momenti dedicati all’approfondimento della possibilità disastrosa dello star insieme?

Ad antropologia, mi insegnano:

la sospensione del giudizio,

le tecniche empatiche,

il relativismo,

l’approccio critico...

=> ma è tutto così astratto e poco sponteneo!

A volte, però, tralasciano che: è importante evidenziare anche la dimensione più istintiva ed emozionale, nata nell’incontro con l’altro!

Vorrei conoscere più studiosi e accademici come Malinowski, uno dei più celebri antropologi del ‘900, che nel suo diario di campo in Papua Nuova Guinea scriveva:

«Pensai al mio atteggiamento attuale verso il lavoro etnografico e verso gli      indigeni. Alla mia antipatia per loro, alla mia nostalgia per la civiltà»

 - tratto da Giornale di un antropologo, Bronislaw Malinowski, Armando Editore, 1992, p. 106.

Anche se il diario di Malinowski è stato pubblicato postumo: le sue annotazioni -  patrimonio dell’Unesco -  aprono riflessioni e spunti inediti...


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5 years ago

27 novembre 2019

perché nonostante l'avanzata dei tempi, della tecnologia, delle idee: pensiamo ancora il mondo per stigmatizzazioni?

6 years ago

13.10.2018

E’ molto ricorrente che in alcuni momenti si senta l’esigenza di staccare e interrompere i rapporti con la società di partenza. Una società che ti può dare soddisfazioni, ma anche negazioni, everybody needs to take a rest (sometimes)


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6 years ago

what about “the future”?

Il posti di oggi è dedicato allo scontro titanico tra due teorie  che ho sempre trovato affascinanti, seppur carenti in alcuni punti. Il determinismo filosofico e il libero arbitrio sono stati il fulcro centrali di molti pensatori, pensiamo a Spinoza o ad Agostino D’Ipponia. Se il determinismo ritiene che l’uomo è espressione della volontà di un “””qualcos’altro”””, il libero arbitrio scioglie questa visione così limitata dando all’uomo quella possibilità di fare e agire che il primo nega. Dunque il futuro viene scoperto o creto? L’uomo è pedina di un percorso oppure ne è l’artefice? Lasciando da parte questa visione leggermente apocalittica e in simil “congrega religiosa” (^.^) ritengo adesso che il “the future” sia il congiugimento di queste due espressioni di pensiero. E’ impensabile ritenere  che  ci muoviamo all’interno di percorsi e destini  prestabiliti, in quanto il tutto sfocierebbe in una visione piuttosto statica e inflessibile. Ma neanche ritenere che tutto dipenda dalla volontà del singolo soggetto è carente. E’ utile adesso generare una visione in cui ritrovare insieme la capacità di costruzione del proprio percorso e “quel qualcosa al di sopra” di lui. Per iniziare ad avere un quadro meno confuso, il “the future” è la somma e il frutto del suo agire. L’uomo poi vive all’interno di un mondo dove “quel qualcosa” riveste anch’esso un ruolo. In conclusione, come l’uomo è creatore, è anche influenzabile dall’azione delle forze di “quel qualcos’altro” in senso negativo che positivo.

... e tu che ne pensi?


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