[Questa scena è tratta dal film Lucky Luciano del 1973 diretto da Francesco Rosi. Segue il dialogo tra Salvatore Lucania, detto Lucky Luciano boss della mafia italo-americana del secolo scorso, e il capitano:]
Il capitano: Con me puoi parlare. Ho le mie idee su di te. E sono diverse da quelle di Siragusa. Ti conviene.
Lucky Luciano: A te ti conviene. Per fare carriera. A te e a Anslinger. A Siragusa. Ai generali. A un capo della polizia. E alla politica conviene. Per distrarre la gente che non sa nente e non capirà mai niente. Alla politica quando le fa comodo, servono pure i delinquenti e – comu diciti - i mafiusi. Mi dispiace non ti posso servire.
1 agosto 2021 || Savonarola & predica-menti
Sto leggendo Tristi tropici di Claude Lévi-Strauss, testo pilastro del pensiero antropologico. Avrei dovuto leggerlo in triennale, ma ho sempre rimandato. Mi era stato riferito che il pensiero dell’autore era troppo complicato e spigoloso. In effetti quando diedi antropologia culturale, non mi piacque molto studiare lo strutturalismo, corrente a cui appartiene l’antropologo.
Comunque, prendo il testo e rimango colpita dal suo modo di scrivere: raffinato, elegante e saturo di parole. Devo ancora finirlo, ciononostante Lévi-Strauss mi sta dando da riflettere.
Perché non incontro intellettuali e studiosi che osservano e interpretano la contemporaneità in maniera così perspicace? A me non interessa che la mia vicina di casa si interroghi, ad esempio, sulla ripercussione sociale dell’esistenza di centri commerciali nella manciata di pochi kilometri, per Dio (!) Ma quando arriverà qualcuno che parlerà di ciò che conta, anziché crogiolarsi nella fatuità cronica?
Se conosci qualcuno (magari così cool come Lévi-Strauss da giovane, vedi sotto) fammi sapere.
Stavo provando ad erudirmi con qualcosa di diverso (è un testo di critica cinematografica), ma c'è sempre di mezzo questa antropologia:
sono io a controllare le cose o loro controllano me?
“sei una cvetina, una cvetina, una cvetina” -
Your blog is so lovely...have a nice day, honey :)))
Grazie troppo gentile ^.^ Il tuo nick e il tuo humor: fantastici ahahah
23:18 21/07/21
Buonasera carissima appuntidicampo! Qui il tuo lettore anonimo SB!
Innanzi tutto ti volevo ringraziare per aver dedicato del tempo a me e alle argomentazioni che ti ho proposto. Mi scuso se la mia risposta non è arrivata tempestiva ma ho avuto modo di leggere solo in giornata.
Riguardo la tesi devo dire che sei stata molto chiara a esporre la tua opinione e i fatti accaduti a quei poveracci degli indigeni che hanno avuto la sfortuna di approcciarsi alla cultura occidentale. Mi fa riflettere che l'arrivo degli occidentali nel "nuovo continente" ha portato solo danni alle civiltà già presenti sotto diversi punti di vista: psicologici, fisici, ambientali e soprattutto culturali, distruggendo buona parte di indentità a varie civiltà. Mi domando se gli Occidentali avessero avuto un approccio più alla pari e pacifico come sarebbe il mondo adesso...
Non vedo la tecnologia in maniera negativa, ha un'utilità indiscutibile nel mondo odierno e probabilmente nel futuro sarà ancora più utile, forse troppo... Credo che forse la tecnologia ci stia viziando troppo, abbiamo bisogno di meno energie mentali per trovare una soluzione a un problema, basta chiedere a Google e probabilmente trovi la soluzione, è sicuramente un vantaggio in termini di tempo certo, ma, a mio modestissimo ed ignorante parere, non è di aiuto per la nostra indipendenza. Percepisco che ormai il telefono sia come una estensione del nostro corpo ed ho il timore che in futuro possa diventare sempre peggio. Nei bambini ho l'impressione che un telefono o un tablet possa sostituire una cesta dei giochi, almeno è quello che ho notato secondo la mia esperienza, non credo sia qualcosa di positivo... Insomma ci sono tantissime problematiche evidenti che riguardano l'utilizzo inappropriato della tecnologia. Credo che in futuro le cose non miglioreranno e temo che le persone mano a mano diventeranno sempre meno autonome e più isolate. Mi auguro che un giorno questo problema venga affrontato in maniera più incisiva perché ho l'impressione che se ne parli troppo poco e anzi, ne venga spronato sempre più l'utilizzo. Spero che gli adulti di domani se ne rendano conto e che si cerchi un modo per trovare un equilibrio con l'utilizzo della tecnologia. Sinceramente a me pensare a quello che ci aspetterà in futuro un po' mi spaventa...
Concludo ringraziandoti nuovamente e augurandoti una buona serata. Ti ringrazio per il consiglio e provvederò a procurarmi il libro, ti terrò aggiornata in merito! Xoxo
Lettore anonimo SB
Lettore anonimo SB
Scusami per l'attesa. Questo scambio “epistolare”, credo che di qui a poco, si trasformerà in una rubrica come quelle che avevano gli intellettuali nei giornali del secolo scorso. Dopo questo parallelismo molto cringy-centrico: vado dritta al sodo.
Sì. Esatto. L’impatto è stato devastante. Ti aggiungo che a me rimase impressa la lezione su Cristoforo Colombo che quando sbarcò nelle Americhe iniziò a nominare tutto, come nel caso delle Bahamas che ribattezzò come “San Salvador”, senza essersi chiesto se quei luoghi avessero un nome. Che arrogante! Per dirti che la violenza non è solo fisica, ma è pervasiva…
Non ti posso che dare ragione sul fronte tecnologia. Interessante che la associ ad uno strumento che lobotomizza le nostre capacità intellettuali e creative. Non avevo provato a vederla così. La metafora del telefono come estensione del proprio corpo è molto ricorrente negli studi tra antropologia e oggetti. Ci serviamo degli oggetti ma anche gli oggetti si servono di noi, entrano silenziosamente nelle nostre vite e scandiscono i ritmi della quotidianità (se leggerai Etnografie in bottiglia troverai approfonditi questi punti. Ah ma com'é finita?)
Le criticità che sollevi mi danno da riflettere. È innegabile che i tempi vanno avanti e ciò che era positivo per un passato non è che debba esserlo per un presente: l’uomo è un essere in continuo movimento e non può sempre piegare il presente al passato. Penso a chissà quante cose del passato mi sono persa che non ho potuto vivere (tu infatti mi citi la cesta dei giochi, etc.) Ma ciò che è bene per me, non lo è per l’altro. Mi viene da chiederti: hai creato momenti in cui far conoscere a tua sorella, non so, il modo in cui passavi tu il tempo da piccolo? Facendole vedere come giocavi? O la lasci in balia della tecnologia?
A presto caro lettore Anonimo SB.
...ma “SB” cosa simboleggia?
|| In realtà è... non so guardare i film ||
Su “consiglio” di Spotify ho visto Femina Ridens, film thriller drammatico del 1969.
[La Trama] Il dottor Sayer, direttore di un istituto filantropico, in seguito a un trauma infantile è cresciuto col terrore dell'amplesso: teme che la donna si comporti, in amore, come la femmina di certi scorpioni, che uccide il maschio con cui s'è accoppiata. Il complesso ha fatto di lui un seviziatore di donne a pagamento: il macabro gioco si svolge, ogni fine settimana, nel suo appartamento, attrezzato con ogni sorta di strumenti di tortura. Un giorno, venutagli a mancare una delle sue solite "vittime" coglie l'occasione di una visita della segretaria, Mary, per ridurre la donna in suo potere. Torturandola, minacciandola ad ogni istante di morte e mostrandole le "prove" di precedenti "delitti", Sayer spinge Mary a tentare il suicidio. Da quel momento, però, qualcosa nell'uomo comincia a cambiare: sul punto di ucciderla davvero, s'accorge di essersi innamorato di lei, la quale è pronta a ricambiarlo. Dopo averle confessato di non avere mai ucciso nessuno, Sayer si getta fra le sue braccia ma, come aveva sempre temuto, per lui quell'atto sarà davvero fatale. Per Mary, invece, che recitando a perfezione la parte di vittima innocente, si era deliberatamente sostituita ad una delle solite donne di Sayer, la sua morte non sarà che l'ultimo di una serie di trionfi sugli uomini (Il cinematografo, https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/femina-ridens/22728/)
[Oltre il film] Ad aver catturato la mia attenzione è stata la rappresentazione del rapporto uomo-donna, tra Mary Erkström e il dottor Sayer. È un film che vorrebbe, forse, far riflettere sul modo di essere donna e uomo nella società di fine anni ’60. L’uomo è virilità, potenza, indipendenza mentre la donna è ingenuità, é un essere indifeso, carico di sensualità ed erotismo. Gli unici momenti in cui i ruoli vengono messi in discussione sono quando Sayer mostra la sua fragilità nell'innamorarsi di lei; e nel trionfo di Mary che si vendica e si emancipa da quella situazione reclutando lo stesso apparato concettuale del dottor Sayer: atteggiamenti da despota violento e suprematista, infatti è simbolica la sua frase: “Impara a vendicarti e distruggerli, giocando al loro stesso gioco. Vedrai come è piacevole”.
Secondo me il film mette in mostra “ciò che si dice sull'uomo e sulla donna in società". Riconosco che qua sta il punto di forza. La mia postura da studentessa però mi porta a essere polemica, in particolare sul finale: perché Mary ha ucciso il dottor Sayer? Perché poi consiglia di attuare la violenza? Non si poteva costruire una narrazione alternativa e proficua?
Il film ha collegamenti con la nostra contemporaneitá, non a caso il nostro tempo ha come focus: comprendere il funzionamento del rapporto uomo-donna, il ruolo della donna nella società, la sua emancipazione, il boicottaggio del patriarcato o il revival del “sesso debole”. Ad esempio, guardando alla contemporaneità ripenso al testo Cercando Rispetto (2005) dell’antropologo americano Philippe Bourgois che nel descrivere l’emancipazione delle donne del barrio di East Harlem, notava che la loro battaglia era declinata secondo parametri patriarcali. Le donne lottavano quotidianamente per ottenere assistenza per sé e per i privilegi, per conquistare posizioni di rilievo nell’economia underground della strada. Queste donne resistevano al dominio degli uomini uccidendo i propri mariti o rifiutando convivenze basate sul terrore. Bourgois ha voluto portare in evidenzia quelle contraddizioni insite nel processo di empancipazione. Ció mi spinge a chiedermi: si è destinati in eterno a soccombere alla logica win-lose e a replicare gli atteggiamenti da cui si cerca di prendere le distanze?
A me questo film ha lasciato molte perplessitá, soprattutto dal punto di vista del contenuto. Forse questa mia indisposizione nasce dal mio essere fin troppo impregnata di studi, invece dovrei inquadrare il film nella sua epoca storica e culturale. Ma ritorno sempre lì. Nonostante siano passati più di cinquant’anni il rapporto uomo-donna continua ad essere declinato attraverso il darwinismo sociale...
E mi convinco sempre di più che a cambiare non devono essere le persone, ma gli immaginari e le rappresentazioni.
Quando non si è soddisfatti di sé stessi ci si fa psicologi; quando non si è soddisfatti della propria società ci si fa sociologi; quando non si è soddisfatti di sé stessi e della propria società, ci si fa antropologi
Margaret Mead
C'hai un cervello che dipinge di nero pure il latte. (Véronique Vendell, sorella di Isolina)
Ho mandato in galera un bruto […] Di fronte alla verità, non guardo in faccia nessuno. E poi ti dirò un cosa che quando un uomo vive come vive. Insomma. È brutto dentro vuol dire che è brutto anche fuori. (Monica Vitti, Isolina Pantó)
~ La supertestimone, 1971.
Qualche giorno fa ho visto La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, film cult di inizio anni ’70. Oltre che a rappresentare la vita di un operaio, Lulù Massa, credo che questo film metta bene in evidenza le contraddizioni del pensiero politico che possa essere di destra o di sinistra. È infatti un film polemica che descrive i fatti sociali e culturali di quegli anni (es. la vita in fabbrica, il ruolo dei sindacati, l'edonismo consumista) astenendosi da moralismi o ipocrisie.
Mi hanno colpito alcune scene.
[Segue sotto]
Militina: Su questo pianeta pieno di ospedali, di manicomi, di ospedali, di fabbriche, di caserme, di autobus. Il cervello se ne scappa. Sciopera. Sciopera. Sciopera.
Lidia: Te senza i padroni cosa saresti? Un morto di fame saresti. E ci avresti pure un avvenire sicuro.
[Lulù, operaio protagonista di questo film, è stato appena licenziato e va in università dagli studenti di sinistra. Questi poco prima avevano fomentato gli operai affinché quest’ultimi riconoscessero lo sfruttamento da parte dei “padroni”. Segue questo dialogo].
Lulù: Ehi sono io Lulù. Lo sai che ho perso il posto?
Studente di sinistra: Eh lo so. Lo so.
Lulù: Stai qui a dormire. Ma stamattina potevi venir lì.
Studente di sinistra: Non possiamo star lì.
Lulù: Ma almeno tu.
Studente di sinistra: Faccio quello che posso. Siamo ancora in pochi. Ieri eravamo nelle officine. Oggi nelle scuole. Noi cerchiamo con il nostro lavoro di far esplodere le contraddizioni. Per cambiare questo sistema di vita.
Lulù: Ma mi avete cambiato a me. Mi avete fatto perdere il posto.
Studente di sinistra: È che fino a quando obbedisci al padrone nessuno ti tocca. Poi ad un certo punto prendi coscienza e sei fottuto. Ma questo lo dovevi sapere, no Lulù? Non è una novità.
Lulù: Mica scemo! Lo so anch’io come stanno le cose. Andiamo venite, con questi studenti davanti alla fabbrica.
Studente di sinistra: Siamo divisi. Siamo pochi.
Lulù: Pochi? Io devo mangiare! Capito?
Studente di sinistra: Il tuo è un caso individuale. Personale. Non è questo quello che ci interessa. Noi vogliamo un discorso di classe. Vuoi un discorso personale? Vuoi?
Lulù: Cosa me ne frega a me del discorso personale?
Studente di sinistra: Toh! Guardami in faccia! Ho 30 anni. Guarda come sono ridotto! Sono fuori corso.
Lulù: Non gridare.
Studente di sinistra: Ho fatto tre esami.
Lulù: E io ho fatto intossicazione da vernici.
Studente di sinistra: E io c’ho la piorrea. Va bene?
Lulù: Cosa devo fare adesso?
Studente di sinistra : A me che mi frega di che devi fare. Quello che ti pare. Ci sono mille modi di vivere. Prova a cambiare. A non vivere come sei stato abituato. Resta qui con noi. Oramai sei disoccupato. Puoi fare quello che vuoi.
Lulù: Guarda. Non far lo spiritoso. Già ho preso io delle decisioni. Cosa devo fare da me. Arrivederci. Tante Belle cose.
Studente di sinistra 2: Massa ma perché non resti qui?
Lulù: Te sei studente.
Studente di sinistra 2: Sì. È vero sono studente.
Lulù: Te sei studente...
Studente di sinistra 2: È logico. Io lavoro e mi pago gli studi.
Lulù: Fai largo va. Fai andar via la gente. Studenti?! Vai a studiare. Va’. Buon studio. Arrivederci.
Lettore anonimo SB buonasera,
Ho ragionato sulle questioni che mi hai sottoposto.
1. argomento tesi: sicuramente le immagini avevano un potere e veicolavano un linguaggio. I frati francescani le usavano perché si erano resi conto che queste avevano del potenziale ai fini dell'evangelizzazione. Anche perché lo scoglio principale nel rendere gli indigeni dei bravi e ubbidienti cattolici era proprio di tipo linguistico. Si pensava così che le immagini potessero accorciare i tempi. Infatti, le immagini sacre erano dei dispostivi per rendere concreti e tangibili i concetti astratti della religione cattolica. Certamente è stata una violenza nei confronti degli indigeni, pensa a questo scenario: viene uno dal nulla e sbum ti dice che devi convertirti, brucia e distrugge i tuoi idoli, quello in cui credi, le tue statue, i feticci, per imporre qualcosa che tu non hai i mezzi concettuali per capire. Non perché sei poco intelligente, ma perché è qualcosa di estraneo al tuo contesto culturale e religioso. Tra l'altro questi frati hanno pure distrutto un sacco di manoscritti sacri, artistici. AAAAA. Io non ci voglio nemmeno pensare, mi sento un'angoscia dentro solo a pensarci. C'è comunque una parte tra questi indigeni che cercò di "reagire". Alcuni tra loro entrarono nelle grazie dei missionari francescani, lavorando nelle scuole come artisti e pittori per realizzare i dipinti sacri. I casi però erano davvero pochi. Anche perché c'era molto sfruttamento e razzismo da parte degli spagnoli e dei frati.
2. La questione che mi poni sulla tecnologia mh, guarda io ti consiglierei di leggere Etnografia in Bottiglia di Roberta Bonetti. È un bellissimo libro che racconta come l'antropologo entra nei contesti scolastici. In particolare una tematica che emerge è proprio quella della tecnologia. Sicuramente i cellulari, i pc, i tablet hanno un impatto nella nostra vita. Ma dobbiamo sempre criticarli? L'antropologa, facendo ricerca tra i ragazzi e gli adolescenti, più che demonizzare questi apparecchi ci invita inanzitutto a vedere come vedono e vivono la tecnologia gli adolescenti, per spronare ad un uso più consapevole. Quale saranno i disagi degli adulti di domani mh chiedo a te: come mai pensi questo? Perché la declini al negativo?
Non so se ti possa bastare o che trovi le mie risposte esaustive.
14/07/21 20:05
Buonasera appuntidicampo! Qui il tuo lettore anonimo SB.
Mi sono preso un po' di tempo per leggere la tua risposta con calma per poterti rispondere con attenzione in modo da potermi esporre al meglio la mia idea.
La tua tesi di laurea triennale mi sembra molto interessante e dall'esempio che hai apportato devo dire che non sono rimasto particolarmente meravigliato dal fatto che da parte di alcuni esponenti religiosi cristiani, pur di arrivare all'indottrinamento religioso, abbiano addottato dei mezzi così futili come delle immagini, d'altronde è risaputo che ci sono stati metodi molto più brutali e violenti pur di arrivare allo scopo, ma questo penso sia un altro discorso di cui potremmo parlarne per giorni. Volevo però sapere di più a riguardo all'esempio che mi hai citato. Come hanno accolto inizialmente gli indigeni le informazioni che gli venivano passate? Hanno accolto di loro spontanea volontà la fede Cristiana?
Il mio punto di vista comunque sul rapporto tra occidentali e il resto del globo rimane quello che ti ho citato nel "ask" precedente, che rimane comunque abbastanza concorde con il tuo. Gli occidentali hanno avuto in passato la tendenza di prevalere e schiacciare le altre culture e temo che sia tutt'ora così, anche se probabilmente il tutto viene camuffato un pochino di più. La cosa mi fa pensare a un'altra caratteristica dell'essere umano. Essere più sviluppati a livello tecnologico lo fa sentire superiore agli altri, anche se, a mio umilissimo parere da persona totalmente ignorante in materia, ho l'impressione che ci renda meno autosufficienti... Eccolo un altro argomento che mi piacerebbe approfondire e sapere cosa ne pensi tu e cosa dicono i tuoi studi sull'antropologia: spesso osservo la mia sorellina, ci passiamo 13anni, attualmente ora lei ne ha 10. Ho l'impressione che la tecnologia le stia offuscando parecchio la mente sulla percezione della realtà, ma ho notato osservando gli altri bambini suoi coetanei che purtroppo è un problema molto frequente. Mi chiedevo, quali saranno i disagi culturali e sociali degli adulti di domani? In antropologia sono stati fatti degli studi in merito, delle previsioni? Spero sia chiara la domanda e di aver sollevato un quesito che sia inerente alla tua materia di studi.
In conclusione, volevo chiederti se ti trovi bene a scambiarci opinioni tramite degli ask anonimi. Se preferisci ti posso contattare in privato e continuiamo i nostri confronti lì. Per favore però non dirmi "vedi te per me è uguale" e lasciare a me la scelta, il blog è il tuo ed ho il timore che i miei ask possano contaminare secondo la tua percezione lo stile del tuo blog.. grazie per la tua attenzione e buona serata!
Lettore anonimo SB
Ciao Lettore anonimo SB,
E' sempre un piacere leggerti e che trovi tempo per articolare al meglio i tuoi pensieri. Tranquillo, non contamini, i tuoi contributi "abbeliscono" e arricchiscono il mio blog, stimolando alla riflessione.
Con la tua risposta, sollevi molteplici questioni che richiedono tempo e studi, adesso non ho risposte. Spero che comprenderai: ti aggiornerò nei giorni successivi o sennò sentiti libero di contattarmi in privato, per una risposta più immediata e fluida. Anche se, ritengo che sia produttivo e interessante creare dibattiti pubblici, per coinvolgere un bacino più ampio di gente, come è stato nel post sulla vittoria italiana del campionato europeo.
Ag aggiornar(c)i.
17:10 || continua il refresh
Nei primi tempi a Bologna, in università soprattutto, ho incontrato persone nordiche (*) che sostenevano: “Ma voi non parlate, urlate”, riferendosi al fatto che i siciliani hanno un tono di voce abbastanza alto. Al ché da buona patriota ho prontamente rigettato quelle tesi, riconducendole a quell’insieme di stereotipi che danno ai nordici (e anche a quelli del sud) per rendere pensabili le rispettive categorie d’appartenenza.
Circa una decina di minuti fa sento dei ragazzi in strada, qui in Sicilia, che comunicano tra loro quasi gridando. Penserete che: “In fondo lo stereotipo tanto stereotipo non è”, no? Eh no, perché anche se sono sicula non sono riuscita a capire se stavano dialogando o litigando. Resterò col dilemma in eterno...
(*) inteso come gente del nord.
L’animo non dovrebbe affaticarsi a cercarsi nell’altrove. Dovrebbe semplicimente fermarsi, per realizzare che il suo "sé" risiede nella realtà più vicina, prossima.
14/07/21 20:05
Buonasera appuntidicampo! Qui il tuo lettore anonimo SB.
Mi sono preso un po' di tempo per leggere la tua risposta con calma per poterti rispondere con attenzione in modo da potermi esporre al meglio la mia idea.
La tua tesi di laurea triennale mi sembra molto interessante e dall'esempio che hai apportato devo dire che non sono rimasto particolarmente meravigliato dal fatto che da parte di alcuni esponenti religiosi cristiani, pur di arrivare all'indottrinamento religioso, abbiano addottato dei mezzi così futili come delle immagini, d'altronde è risaputo che ci sono stati metodi molto più brutali e violenti pur di arrivare allo scopo, ma questo penso sia un altro discorso di cui potremmo parlarne per giorni. Volevo però sapere di più a riguardo all'esempio che mi hai citato. Come hanno accolto inizialmente gli indigeni le informazioni che gli venivano passate? Hanno accolto di loro spontanea volontà la fede Cristiana?
Il mio punto di vista comunque sul rapporto tra occidentali e il resto del globo rimane quello che ti ho citato nel "ask" precedente, che rimane comunque abbastanza concorde con il tuo. Gli occidentali hanno avuto in passato la tendenza di prevalere e schiacciare le altre culture e temo che sia tutt'ora così, anche se probabilmente il tutto viene camuffato un pochino di più. La cosa mi fa pensare a un'altra caratteristica dell'essere umano. Essere più sviluppati a livello tecnologico lo fa sentire superiore agli altri, anche se, a mio umilissimo parere da persona totalmente ignorante in materia, ho l'impressione che ci renda meno autosufficienti... Eccolo un altro argomento che mi piacerebbe approfondire e sapere cosa ne pensi tu e cosa dicono i tuoi studi sull'antropologia: spesso osservo la mia sorellina, ci passiamo 13anni, attualmente ora lei ne ha 10. Ho l'impressione che la tecnologia le stia offuscando parecchio la mente sulla percezione della realtà, ma ho notato osservando gli altri bambini suoi coetanei che purtroppo è un problema molto frequente. Mi chiedevo, quali saranno i disagi culturali e sociali degli adulti di domani? In antropologia sono stati fatti degli studi in merito, delle previsioni? Spero sia chiara la domanda e di aver sollevato un quesito che sia inerente alla tua materia di studi.
In conclusione, volevo chiederti se ti trovi bene a scambiarci opinioni tramite degli ask anonimi. Se preferisci ti posso contattare in privato e continuiamo i nostri confronti lì. Per favore però non dirmi "vedi te per me è uguale" e lasciare a me la scelta, il blog è il tuo ed ho il timore che i miei ask possano contaminare secondo la tua percezione lo stile del tuo blog.. grazie per la tua attenzione e buona serata!
Lettore anonimo SB
Ciao Lettore anonimo SB,
E' sempre un piacere leggerti e che trovi tempo per articolare al meglio i tuoi pensieri. Tranquillo, non contamini, i tuoi contributi "abbeliscono" e arricchiscono il mio blog, stimolando alla riflessione.
Con la tua risposta, sollevi molteplici questioni che richiedono tempo e studi, adesso non ho risposte. Spero che comprenderai: ti aggiornerò nei giorni successivi o sennò sentiti libero di contattarmi in privato, per una risposta più immediata e fluida. Anche se, ritengo che sia produttivo e interessante creare dibattiti pubblici, per coinvolgere un bacino più ampio di gente, come è stato nel post sulla vittoria italiana del campionato europeo.
Ag aggiornar(c)i.
La maggior parte delle volte si guida il pensiero verso lo stato di fissazione per mancanza di alternative.
Ve lo premetto: oggi oscillo tra essere una logorroica e una pazzoide militante. Nah. In realtà dovrei scrivere quel paper di antropologia del patrimonio, ma ho zero sbatti.
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Se esiste il dottore della mente o del cuore, mi chiedo perché non dovrebbe esistere un dottore della cultura.
[Informazioni di contesto] Stamani mi girava in testa una metafora, l’antropologo come dottore. Il dottore cosa fa? Ascolta i mali dei pazienti, ne individua le cause e successivamente propone percorsi di cura. L’antropologo sta in contatto con le persone, ragiona insieme e si rende conto che la società iscrive problemi e contraddizioni. Il suo lavoro consiste nell’analizzare e indagare i fenomeni sociali, portandoli all’attenzione. Nel momento in cui fa questo: è come se si realizzasse una cura. Nel senso che, quando si parla dei problemi e del male, si dà una forma e si può pensare di disciplinarli. Ovviamente questa è una interpretazione personale della mission antropologica.
Nel lavoro antropologico c’è però un dato oggettivo, cioè la tendenza a scomporre e capire come agiscono e vengono utilizzati i costrutti sociali. Per cui da queste basi nasce la mia attitudine a guardare, e guardarmi, critica-mente.
[Fenomeno da studiare] Ad esempio, nel mio contesto culturale e sociale rintraccio l’idea di creare legami stabili e duraturi, dei veri e propri “porti sicuri”. Cresci con la convinzione della stabilità affettiva o sentimentale. Sul piano del reale poi finisci per capire che quella posizione è astratta, più un’esigenza culturale. Questo perché ti rendi conto che c’è mutevolezza. Le persone sono complesse, non lineari e specularmente lo sei anche tu. Ti ostini a seguire, inconsapevolmente, i dettami con cui sei cresciuto, ma il male non tarderà ad arrivare. Continui sempre a mettere al primo posto il costume sociale. Perché, come mai è così difficile prendere posizione verso quello in cui si crede?
[Proposte e percorsi] Io credo che le sofferenze che ci offre il nostro contesto sociale non devono essere solo ricercate nella politica, nell’economia, nel lavoro. Ci sono una serie di "violenze" nel campo del "come vivere i rapporti umani" che devono essere portate in evidenza... Insomma! Se ne deve parlare.
23:59 12/07/21
Buonasera!
Grazie per la risposta. La attendevo ansiosamente ed è stato molto interessante leggerla. L'ho letta più volte per assicurarmi di aver colto al meglio il contenuto, spero di esserci riuscito anche se ammetto di non sentirmi alla tua altezza su queste tematiche perché è innegabile e palpabile il fatto che hai studiato molto, sull'argomento ne sai di gran lunga più di me. Devi sapere che io non ho svolto nessuno studio in materia. Ho solo una piccolissima infarinatura sulla psicologia perché ho letto un paio di libricini, non particolarmente impegnativi. Abbi pazienza nei miei confronti, te ne prego, sono solo una persona curiosa e che sta nutrendo puro interesse per questi temi, accoglimi come se fossi un tuo allievo.
Mi hai chiesto cosa ne penso a riguardo le logiche duali. Beh io credo che sia del tutto umano purtroppo, io stesso sento di avere queste tendenze. Parlo di tendenze ma credo che una mente educata ed istruita secondo una sana etica morale può tranquillamente contrastare senza sfociare in atteggiamenti barbari e ignoranti. Una cosa che non condivido a pieno (sicuramente per ignoranza, vorrai perdonarmi) è associarla esclusivamente alla cultura occidentale. Dal mio punto di vista questa logica è adottata da tutte le culture, africane, orientali e native americane, per lo meno da quel che mi pare di vedere, penso che nella storia più recente sicuramente quella occidentale ha prevalso in maniera selvaggia e senza scrupoli sulle altre. Ma comunque sia vorrei capirci meglio sull'argomento, se avresti qualche testo da consigliarmi (ovviamente non particolarmente impegnativo perché sono ignorante) lo accetto volentieri.
Volevo ringraziare inoltre l'utente Nusta che ha scritto cose davvero molto interessanti! Ho letto molto volentieri anche le sue considerazioni ed ho apprezzato tantissimo il fatto che abbia citato il contenuto di un libro. Se mi leggi, mi piacerebbe sapere anche la tua in merito su queste tematiche, sempre se ti va e se ti interessa (e sempre se posterai questo "ask").
Concludo augurandomi di essermi esposto bene e con la speranza di non averti annoiato o innervosito. Attendo con ansia una tua risposta!
Lettore anonimo SB.
Ciao Lettore anonimo SB,
Non annoi. Per me è sempre interessante discutere e ragionare con le persone. Inoltre, come ti avevo detto nella risposta di prima, non considerarmi chissà che. Non lo dico per fare la finta umile, odio le ipocrisie. Sono più per vederla in un rapporto alla pari, per scambiarci reciprocamente informazioni e punti di vista.
L’associavo all’Occidente, perché a me non piace parlare attraverso generalizzazioni. Ti citavo l’Occidente perché molti autori, che ho incontrato nel mio percorso accademico, mi hanno fatto arrivare a queste conclusioni. Penso alla mia tesi di laurea triennale, su un frate francescano spagnolo vissuto nel primo trentennio del 1500. Questo frate doveva diffondere in Messico i precetti religiosi cristiani. Giustamente gli indigeni locali non conoscevano lo spagnolo, e così usò le immagini sacre (madonne, cristi, scene della Bibbia) per facilitare l’indottrinamento religioso. Capisci bene la violenza a cui sono stati posti? E l’asimmetria di questo rapporto. Ovvio che non voglio santificare o guardare con pietismo i non-occidentali, ma se guardo a come si sono consumati i rapporti tra le due parti… sicuramente una parte prevale sull’altra.
E poi, non tutte le culture hanno le nostre stesse idee, concetti, modi di fare... possibilmente siamo “noi Occidentali” a introdurre nuovi elementi. Ripenso, ad esempio, allo studio dell’antropologo Maurice Leenhardt, che tra i Kayapo in Brasile, mostrava che non esisteva nella lingua locale il concetto di corpo:
«il corpo non è oggettivato in un dispositivo concettuale: nella loro lingua, manca un termine specifico per definire il “corpo” individuale che viene indicato come la “carne di qualcuno" (Pizza G., 2005, Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo)».
Non so se anche gli extra-occidentali la vedono così, adottano le stesse logiche.
Ad aggiornarci, ciau!
12/07/21 13:54
Buon giorno appuntidicampo.
Parto subito con un paio di premesse. La prima è che adoro il tuo blog per svariate ragioni e credo che all'interno di questa piattaforma sia il mio preferito, me lo sono spulciato tutto e non ti nego che per capirli alcuni ho dovuto rileggerli più volte, la seconda è che io sono totalmente ignorante riguardo l'antropologia e prima di leggere il tuo blog non sapevo manco l'esistenza di questa strana parola, perciò i ragionamenti che ti sto per scrivere sono privi di fondamento scientifico e sono nati di spontanea volontà, aggiungo inoltre che non sono per nulla certo se gli argomenti che tratterò fanno parte del tuo campo di studi. Lo scopo per la quale ti scrivo è perché spero che tu mi possa essere di aiuto a dare un ordine ai miei pensieri, un nome, qualche riferimento e inoltre voglio sapere la tua preziosa opinione in merito, ti chiedo gentilmente di essere il più diretta possibile e di non farti alcun tipo di scrupoli a dirmi se i miei pensieri sono idioti o non hanno un filo logico. Detto ciò passiamo alla reale ragione per la quale ti ho scritto.
Insomma, questo pensiero mi è nato a seguito della vittoria degli Europei da parte dell'Italia. Il ragionamento che mi sono fatto è il seguente: l'entusiasmo e il buon umore generale per aver vinto l'Europeo, nonostante questa vittoria non influisca minimamente sulla nostra quotidianità, mi fa pensare che lo sport non è altro che un mezzo più civile rispetto a tanti altri, per dare sfogo alla nostra incessante, arrogante e umana voglia di prevalere sul prossimo, su un'altra "razza", il doversi sentire superiore al di sopra di ogni cosa. Sono arrivato a questa conclusione perché ho presupposto che esista questo bisogno umano di prevalere, altrimenti non mi spiegherei il perché nella storia ci siano state così tante guerre, del perché esista il razzismo e tante belle cose dalla quale l'umanità ne è afflitta. Penso che lo sport abbia un ruolo fondamentale per la nostra società e credo che sia un'ottima valvola di sfogo per questi istinti irrazionali e totalmente umani.
Spero di averti spiegato abbastanza chiaramente il mio punto di vista anche se devo ammettere che è la prima volta in assoluto che condivido con qualcuno questo tipo di pensieri. Vorrai perdonarmi se ti risulto banale e poco chiaro. In questo momento mi sento come nel tuo recente meme molto simpatico con il gattino truccato da pagliaccio.
In attesa di altri tuoi interessantissimi post!
Lettore anonimo SB.
P.S.= spesso metto like ai tuoi post, non considerare i like come un numero perché per quanto mi riguarda i ragionamenti che esponi sono molto più preziosi di un semplice numero
Buona sera Lettore anonimo SB,
Sei stato troppo gentile con le lodi, ma sono una disgraziata fra tanti. Mi farebbe piacere individuarti, per ringraziarti direttamente e non rivolgermi ad un generico anonimo. Non ti biasimo, infatti all'Universitá mi insegnano ad avere una certa attenzione verso i pensieri e le parole delle persone: la privacy è una questione delicata.
Volgendo l’attenzione alle questioni da te sollevate: credo che questa cosa del «prevalere sull’altro» sia da ricondurre alla tradizione storica, religiosa e culturale dell’Occidente. I rapporti si consumano assimetrica-mente: vincitore/perdente, vittima/carnefice, colonizzato/colonizzatore. È impensabile uscire da queste logiche duali, è troppo faticoso pensarla diversamente. Vorrei capire: tu come la pensi su questo punto? Avverti anche tu questo? Vedo che, nella nostra società, i rapporti umani vengono vissuti così.
Per ciò che riguarda, invece, lo «sport come mezzo civile per disciplinare gli impulsi»: non saprei risponderti. Si potrebbe consultare una letteratura di stampo psicologico ed etnografico, che indaghi il significato dello sport nei giocatori e tifosi... sai per avere una visione meno riduttiva o semplicistica.
Non so se quello che ti ho scritto ti aiuterà a “disciplinare” e a far chiarezza tra i tuoi pensieri... Magari si apriranno altri spunti di riflessione… fammi sapere, se ti va.
Ciao.
14.29 || 10 luglio
esperi-menti senza vivisezioni
prima di trovare risposte e t n o c e n t r i c h e e che rischierebbero di mandare alla malora i 5 anni di antropologia, mi chiedo: come mai le persone scelgono di seguire la via della non-azione, preferendo stanziarsi nel lamento continuo? Oppure si dovrebbe ri-pensare, radical-mente, la definizione di azione?
Bernardino Palumbo, L'Unesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali in Sicilia orientale (2003)
Se il pensiero fosse materia
Nell’universo mentale ricorre periodica-mente un pensiero, principalmente quando la realtà intorno è silente. Questo vaga a briglie sciolte e richiama all’attenzione.
Un momento dopo, però, si comprende che, forse, sarebbe stato opportuno trascurarlo. Questo inizia a farsi pesante, pressante e finisce per egemonizzare l’intero spazio.
In un successivo momento si realizza che questo non dispone del controllo. La responsabilità dipende esclusiva-mente da chi quell’universo mentale lo possiede. Il soggetto infatti comprende che è lui ad aver deciso di prendere parte al gioco. È lui a controllare, nutrire e disciplinare la torbida macchinazione che si materializza e si snoda attraverso le parole, le immagini, i suoni e i colori. Si tratta però di un gioco di co-dipendenza: sussiste lui affinché sussista il pensiero.
E nel momento finale, il soggetto appura che si sta semplice-mente servendo di quel pensiero, per affermare le manie da narciso ferito. Quel pensiero gli serve a renderlo umano e a raccontare al vento le sue lagnanze. Sa, nel fondo del suo animo, che la realtà è fin troppo quiete… ma lui necessita di una valida ragione per vivere, finendo per attaccarsi a quei pensieri umanizzanti.
Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan
Tu puoi essere marchesista anarchico situazionista Mao Lin Biao. Tu puoi leggere il libretto rosso, ma tu puoi fare tutto quello che vuoi! Tu non sei un cavallo! Tu sei un cittadino democratico, e io ti devo rispettare... Ma i botti terroristici, le intimidazioni, le bombe: che minchia c'entrano con la democrazia?! ~ il Dottore
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Elio Petri, 1970.
11.01 || 2 luglio
svalvo(la)-menti & l'ignorante coscienza
Ultimamente stanno proliferando, sul mio feed instagram, profili di influencers o, informalmente chiamati da me, simil-intellettuali 2.0 che portano avanti le loro idee in un modo che mi fa pensare. Questi hanno “l’obiettivo” di illuminare e guidare le coscienze, per emanciparle dallo stato di ignorantaggine.
Penso “Operazione nobile, no?”. “No!” (Scusate, ma colgo l’esortazione della mia prof. di Tecniche della ricerca etnografica mi ha sempre detto: “Non accontentatevi mai di come stanno le cose”).
Il motivo della mia disapprovazione dipende dal fatto che queste persone forniscono solo parzialmente i mezzi per l’emancipazione del pensiero critico. Nel momento in cui inculcano - estremizzo, concedetemelo - “questo è giusto da pensare” e quest’altro, invece, “non lo è”: si rafforza la polarizzazione del pensiero. Attraverso le ig stories e i post, gli intellettuali 2.0 offrono modelli e interpretazioni su come pensare e guardare la realtà, così facendo: dove si creano le occasioni per riflettere criticamente? E i momenti in cui i soggetti ripensano e si pongono, attiva-mente, verso quei contenuti?
NB: É sempre bene ricordare, da un punto di vista antropologico, che l’emancipazione o l’ignoranza sono costrutti culturali, dispositivi creati dagli uomini per definire prospettive e condizioni dello stare al mondo.
17.28 | 1° luglio 2021
Essere umani è davvero particolare. Sei nella tua testa e inizi a intavolare discorsi, a rimurginare su cose di cose, a pensare a questo piuttosto che a quest'altro, ma basta una piccola e innocua distrazione a dissipare l'intero soliloquio.
prossimo work life goals:
🔸️mettersi fuori da Zara indagare la sua estetica, rappresentazione, incorporazione.
Umani, troppo umani.
Sono arrivata alla seguente conclusione: tumblr è il social più umano su cui sono stata.
Sí lo so, vi ho rotto giá nel post precedente con la riflessione antropologia, tumblr e umani. Abbondare è sempre meglio, cit.
Dicevo.
Tumblr è il social che ti induce inevitabilmente ad "affezionarti" al mondo interiore delle persone: i racconti del quotidiano, le piccole o grandi sfide, i progetti futuri, le raccolte di pensieri... Si va a definire un setting e un'atmosfera così intima e personale, da non essere disturbata o violata...
vabbè la smetto con queste riflessioni da scrittrice squattrinata.
Vorrei, invece, aprirmi ad una riflessione, se me lo concedi. Per te: cosa significa condividere un post?
giuro che non sto facendo ricerche di mercato per conto di tumblr per migliorare servizi 💔. La mia è solo deformazione professionale h 24.
Affiora nelle menti e negli adesso.
Ricorda per cosa lo stai facendo. Per alimentare un sistema socio-economico capitalista che inocula ideologie di progresso, benessere e riuscita sociale. Cresci con l'idea della tua ascesa sociale e personale. Realizzi adesso che stai vivendo solo uno dei tanti modi possibili per fabbricare e disciplinare la tua identità. Per cui sei il nulla. nulla. nulla.
Mi chiedo ora: cosa succederebbe se tu provassi a distaccarti, per una volta, dalla tua persona? Continueresti ancora a pensarla così?
Ultimamente sto avendo un’ossessione per la produzione cinematografica del secolo scorso, in particolare quella dell’annata di fine anni ’50 e ’70. Non c’è ancora un genere che prediligo, ma so per certo che il mio interesse è catturato dal cinema d’autore.
Bene.
Di recente ho visto Noi donne siamo fatte così del 1971 di Dino Risi. La pellicola è organizzata in 12 episodi, nei quali vengono narrate storie di donne. Il film ha l’obiettivo di raccontare il mondo femminile, ma fallisce in quanto i dodici racconti sono pensati da autori e non da autrici. Non lo scrivo perché sono una ragazza, ma per il semplice fatto che vengono proposti ideali e situazioni della donna tipica. Appunto t i p i c a.
È un film che però non voglio demonizzare. Ha spunti interessanti sulla società italiana di quegli anni. Nello specifico mi ha suscitato interesse l'episodio di Alberta.
Alberta è una donna siciliana colta, di famiglia benestante e che viaggia per il mondo per approfondire i suoi studi sociologi e antropologici. In compagnia del marito Ferdinando organizza dei «seminari intellettuali». In un incontro si discute sull’amore libero, sul concubinato. Alberta e Ferdinando accolgono l’idea di un amore senza etichette, infatti è emblematica la posizione di lei : «il mio principio è il rifiuto dei principi».
Mi ha colpito poi un altro pensiero.
Alberta canzona simpaticamente il suo amico avvocato, poiché quest’ultimo critica l’amore libero: «siamo per il progresso tuttavia, siamo per la libertà tuttavia. Ravanelli siamo Avvocato. Rossi di fuori, bianchi di dentro». Le sue parole sono un chiaro rimando all’ipocrisia borghese, che fingeva spregiudicatezza, ma in fondo era conformista.
Guardando al presente, penso che questa frase sia ancora di estrema attualità. Nel mio contesto culturale infatti noto che si è un tuttuno con il progresso e con gli ideali riformisti ma che poi non si materializzano. Forse perché é ancora latente l’influenza religiosa e degli ideali conservatori, che si pensano in un passato lontano. Certo siamo nel 2021, nella società della spregiudicatezza e dell’apertura, nonostante ció c’è ancora qualcosa che si ingrippa... mi chiedo dove stia il mal funzionamento e se lo si dovesse trovare come approcciarsi?
essere una studentessa di antropologia is like ogni treperdue imparare un nuovo linguaggio di settore. Ieri psicologia, l’altro ieri economia, oggi mi tocca studiare termini di ambito giuridico. Non ci sto capendo un cavolo della differenza tra leggi, decreti leggi, comma. E poi certi rimarcano: “eh vabbé che ci vuole a studiare le materie umanistiche”.